Papa Francesco: “Gli algoritmi non limitino o condizionino la dignità umana”

Nel suo discorso ai partecipanti all’incontro dei «Minerva dialogues», promosso dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione, papa Francesco ha affermato: «Sono convinto che il dialogo tra credenti e non credenti sulle questioni fondamentali dell’etica, della scienza e dell’arte, e sulla ricerca del significato della vita, sia una strada per la costruzione della pace e per lo sviluppo umano integrale»[1]. Si tratta di una sfida importante: all’interno di una straordinaria rivoluzione culturale, sociale e spirituale, occorre necessariamente integrare la tecnologia; in caso, infatti, di accettazione parziale, il rischio sarebbe quello di soluzioni non all’altezza.

È necessario umanizzare la tecnologia e l’intero spazio dell’infosfera. Il percorso di umanizzazione della tecnologia si raggiunge fornendo all’uomo mezzi in grado di favorire scelte consapevoli e responsabili. Di conseguenza, utilizzare tecnologie non consumistiche ma sostenibili. Il Santo Padre evidenzia: «Mi preoccupa il fatto che i dati finora raccolti sembrano suggerire che le tecnologie digitali siano servite ad aumentare le disuguaglianze nel mondo. Non solo le differenze di ricchezza materiale, che pure sono importanti, ma anche quelle di accesso all’influenza politica e sociale. Ci chiediamo: le nostre istituzioni nazionali e internazionali sono in grado di ritenere le aziende tecnologiche responsabili dell’impatto sociale e culturale dei loro prodotti? C’è il rischio che l’aumento della disuguaglianza possa compromettere il nostro senso di solidarietà umana e sociale? Potremmo perdere il nostro senso di destino condiviso? In realtà, la nostra meta è che la crescita dell’innovazione scientifica e tecnologica si accompagni a una maggiore uguaglianza e inclusione sociale»[2].

Bisogna impegnarsi perché la tecnologia non intraprenda un processo di pericolosa autonomia (algoritmi deresponsabilizzati), privo di riferimenti etici, fino addirittura a essere considerato concorrenziale a essi: «Nei processi decisionali sociali ed economici, dobbiamo essere cauti nell’affidare i giudizi ad algoritmi che elaborano dati raccolti, spesso in modo surrettizio, sugli individui e sulle loro caratteristiche e sui loro comportamenti passati. Tali dati possono essere contaminati da pregiudizi e preconcetti sociali. Tanto più che il comportamento passato di un individuo non dovrebbe essere usato per negargli l’opportunità di cambiare, di crescere e di contribuire alla società. Non possiamo permettere che gli algoritmi limitino o condizionino il rispetto della dignità umana, né che escludano la compassione, la misericordia, il perdono e, soprattutto, l’apertura alla speranza di un cambiamento della persona»[3].

La tecnologia è reale, fa parte della quotidianità; certo una quotidianità diversa, con le sue peculiarità e regole, ma comunque quotidianità. Una realtà che si sta confrontando con l’Intelligenza Artificiale (IA) generativa. Oltre al termine algoritmo, oggi usiamo parole come machine learning (apprendimento automatico) oppure large language models (modelli linguistici di grandi dimensioni). Soprattutto sentiamo sempre più parlare di «ChatGPT», un’intelligenza artificiale creata da Open AI, in grado di generare – attraverso un costante addestramento su testi, immagini, suoni e altro ancora – contenuti di pensiero somiglianti a quelli degli esseri umani. ChatGpt è solo l’inizio. Infatti, Google, ha subito “reagito” lanciando il proprio chatbot «Bard» e anche «PaLM 2», un potentissimo modello linguistico. Baidu, una sorta di Google cinese, ha presentato «Claude», altro  chatbot.

Pur sottolineando che l’IA è da considerare un dono, papa Bergoglio invita a sviluppare un’algoretica: «Ritengo che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico abbia il potenziale per dare un contributo benefico al futuro dell’umanità, non possiamo scartarlo. Sono certo, però, che questo potenziale si realizzerà solo se ci sarà una volontà coerente da parte di coloro che sviluppano le tecnologie per agire in modo etico e responsabile»3. Occorre, dunque, lavorare per una governance degli algoritmi, capace di indicazioni etiche che rispettino l’uomo. «Il pericolo maggiore non viene dalle IA in se stesse, ma dal non conoscere queste tecnologie e dal lasciar decidere sul loro impiego a una classe dirigente as­solutamente non preparata a gestire il tema»[4].

Natalina Pipere

Laboratorio di tecniche e dinamiche

 della comunicazione interpersonale.

Quali relazioni nell’era del digitale

e dell’Intelligenza artificiale?

Docente: Prof. Giuseppe Pani

 

Istituto Superiore Scienze Religiose

Sassari - Tempio Ampurias



[1] Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues prossomo dal Dicastero per la Cultura la comunicazione, https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2023/march/documents/20230327-minerva-dialogues.html, 27-03-2023.

[2] Ibid.

[3] Ibid.

[4] P. Benanti, Intelligenze artificiali, robot, bio-ingegneria e cyborg: nuove sfide teologiche?, in «Concilium», 3 (2019), 49.