È necessario riconquistare e riattivare la pazienza dell’ascolto

Pier Aldo Rovatti (1942) è stato docente di Filosofia contemporanea all’università di Trieste ed è fondatore della Scuola di filosofia di Trieste. Attualmente dirige la rivista Aut aut e cura la rubrica Etica minima sul Piccolo di Trieste. Ha pubblicato vari libri, fra i quali: Abitare la distanza, Etica minima e Il pensiero debole con Gianni Vattimo.


Ha pubblicato più di trenta libri. Che cosa intende per filosofia nei suoi scritti?

«Rispondo attraverso un mio libro uscito di recente: La filosofia è un esercizio. Insieme a  Nicola Gaiarin ho analizzato la mia esperienza dagli anni Sessanta fino a oggi. Mi occupo della rivista Aut aut e della Scuola di filosofia di Trieste. Non pensavo di dedicarmi alla filosofia, fino all’incontro – da studente universitario –  con il maestro Enzo Paci, col quale ho studiato fenomenologia. Altra tappa importante, il saggio Pensiero debole, scritto insieme a Gianni Vattimo. Ho approfondito il tema con il volume Abitare la distanza. Potrei definirlo come il “punto di riferimento” delle riflessioni che tuttora compio. Questo è un breve quadro di quello che ho fatto e continuo a fare, perché mi sembra che il discorso su questa tematica sia ancora aperto».  


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Ha scritto anche Egosauri. Qual è il significato di questo neologismo?

«La nostra società è sempre più caratterizzata dall’egoismo. Ciascuno di noi è assediato dall’Io, nel quale siamo incapsulati. Nessuno riesce più a uscirne a causa della società del consumismo. Viviamo una condizione di individualismo spinto. È scomparsa la socialità, il Noi, la percezione di un’esperienza dell’insieme, di essere tutti nella medesima barca. Non dimenticando le disuguaglianze che ci caratterizzano, ma sempre con un “filo conduttore” in grado di metterci in contatto l’uno con l’altro. La chiamavamo, con Paci, intersoggettività: ovvero, una persona considera pari a lui un altro soggetto. Ora viviamo, invece, in una società individualistica. Dall’egoismo nasce l’idea dell’Egosauro, uno strano animale che incarniamo sempre di più. Per contrapporci a esso dobbiamo cambiare il nostro tipo di pensiero e di rapporto con l’altro».   

Il concetto di Egosauro si collega con quello di abitare la distanza?

«Se si potesse incarnare in un personaggio, l’abitare la distanza sarebbe l’opposto dell’Egosauro. Quest’ultimo, infatti, non abita la distanza, ma la prossimità, quasi perfetta, con sé stesso, e parla di sé stesso come se ci fosse la presenza perfetta di questo sé. Soffre, perciò, il distanziamento sociale, come lo chiamiamo oggi, perché –  pur volendo affermare il proprio Ego – non ci riesce. Abitare la distanza si contrappone all’Egosauro: si rende conto che la distanza fa parte della soggettività. Dovremmo lavorare sull’Io per non farlo diventare ossessivo. Ossessione deriva da obsessio, obsidere, cioè assediare: l’Io ci assedia. Dobbiamo pensarci non come proprietari di una verità assoluta, ma all’interno di una distanza che ci permette di andare avanti e di stare con gli altri».

Viene da correlare l’abitare la distanza alle nuove tecnologie e ai social: quali scenari possono aprire questi strumenti? 

«Ci aprono scenari che non possiamo chiudere. Ci viviamo dentro. Nel loro agire su di noi, le nuove tecnologie ci portano verso un isolamento. La parola social dà, infatti, l’idea che socializziamo quando stiamo esclusivamente in rete. Che cosa possiamo fare? Uscirne non è possibile. È necessario stare dentro questo mondo, guardando gli aspetti non negativi. La scuola, ad esempio, in questo momento si esprime anche attraverso la didattica a distanza. Il vissuto in prima persona è fondamentale, però credo che anche così possa crearsi una capacità di socializzazione, nonostante una “faccina” appaia improvvisamente sui nostri dispositivi. Una situazione ibrida, di presenza reale e digitale, un domani potrebbe avere qualche elemento di vantaggio».  

La pandemia e il distanziamento sociale ci offrono nuove riflessioni?

«Quando questo periodo finirà saremo tutti contenti. A mio parere, dobbiamo riflettere sul fatto che qualcosa di molto simile al distanziamento c’era già prima e ci sarà anche dopo. Non siamo più capaci di ascoltare. Occorre silenziarci, trattenerci per permettere all’altro di parlare. È necessario riconquistare e riattivare la pazienza dell’ascolto, del vivere il tempo. Il tempo è diventato fretta di finire la nostra frase, di pretendere di capire subito ciò che l’altro ci ha detto».  

Perché un giovane dovrebbe approfondire la filosofia?

«Molti dicono che la filosofia sia inutile, guardando esclusivamente alla sua valenza “materiale”. Io non mi fermo a questo. Siamo tutti alla ricerca di uno stile di vita: la filosofia può dare un’indicazione in tal senso, un’etica minima, come personalmente la definisco. Ritornando discorso iniziale, mi è servita proprio per criticare radicalmente ciò che viene considerato utile. Se si intende con questa parola un vantaggio pratico, la filosofia non lo ha. Non concepisco la filosofia come meditazione che ti fa “ritirare”, ma riflessione che ti costringe a metterti in gioco nella realtà».

Riccardo Rosas 

L’amore per la musica e le lettere mi hanno portato a frequentare

il Conservatorio di Cagliari e il Liceo Classico De Castro di Oristano.

Adoro uscire con gli amici: rendono la vita divertente e leggera.