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Più disastroso dell’errore stesso è il fatto di poter perdere chi erra

2021-02-17 08:55

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Più disastroso dell’errore stesso è il fatto di poter perdere chi erra

In “avanti” uno sbaglio si trasforma spesso in qualcosa di buono. Non esiste errore che non si possa recuperare. Buona Quaresima!

Attraverso la parabola dei due fratelli e del padre buono, Gesù ci rivela il Padre celeste che, sulla soglia di casa, desidera riabbracciare il figlio debole e moralmente sfibrato: vuole riportarlo alla vita, alla gioia, alla speranza, alla certezza di essere amato. Il padre non lo giudica, conosce i limiti del figlio. Il suo perdono si manifesta attraverso i gesti: «Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (Lc 15,20). Lo bacia, lo abbraccia e non gli permette di concludere il discorso, non gli dà il tempo di dire: «Trattami come uno dei tuoi salariati». Anzi, lo ricopre dei segni dell’identità filiale. «Il padre non si serve dell’occasione per fare la pedagogia della colpa o per rendere il figlio dipendente dal suo perdono». Il padre sa che portare “indietro” la persona al suo errore significherebbe disumanizzarla. Organizza addirittura una festa: «“Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa» (Lc 15,23-24). In “avanti” uno sbaglio si trasforma spesso in qualcosa di buono. Non esiste errore che non si possa recuperare: «Più disastroso dell’errore stesso è il fatto di poter perdere chi erra».


Giuseppe Pani, Pietre che rimbalzano sull’acqua. Cerchi di teologia del limite per vivere il nuovo presente, p. 89.





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